Monocromatismi poetici.
La Street
Art di Massimo Mion
Laura
Monaldi
La
Street Art è da sempre considerata un’intensa attività di espressione in cui
forme e colori si addensano, creando sillogi d’immagini dal forte impatto
visivo. Una forma riconosciuta di auto-affermazione e di creatività che, dall’atmosfera
metropolitana e underground, si è mossa verso l’universo del Sistema delle
Arti, in quanto messa in luce di un’artisticità dinamica, capace di superare i
limiti dei canoni museali, rivendicando un’idea di immagine sempre più reale e
interpretativa.
In questa prospettiva Massimo
Mion rende l’idea di un’Arte come pura forma espressiva di sensi e sensazioni
del mondo contemporaneo. Una prassi artistica che fa del ritratto e dei
paesaggi un’attenta analisi dei sentimenti e delle manifestazioni emotive di un
ego assorto e contemplativo, in opposizione al caos della quotidianità. Un
artista particolare e significativo, capace di unire nelle sue opere poeticità
e artisticità, mediante le quali il veduto, il vissuto e il sentito
costituiscono all’unisono un unico punto di vista. Un artista, quindi, che fa
dell’immagine il cardine della sua idea di mondo e di arte: d’altronde la
figurazione risulta da sempre una categoria ambigua, una rappresentazione intermedia
fra il dato sensibile e il concetto, a metà strada fra l’esperienza concreta e
la proiezione affettiva dell’artista. Nell’opera di Massimo Mion non si tratta,
tuttavia, di un’immagine che vuol essere sintesi oggettiva di una visione e di una
conoscenza quanto, piuttosto, della resa espressiva di un pathos soggettivo e
interno all’anima dell’opera d’arte.
Lo scatto fotografico rappresenta,
in primo luogo, il punto di partenza del processo creativo dell’artista, in
quanto forma di libertà espressiva per antonomasia, che rende l’artista capace di
dar voce alla propria sensibilità personale. Non a caso il valore di una
riflessione estetica attorno al concetto e alla realizzazione di un’immagine è
condizionato dalla valutazione della pluralità e della complessità dell’oggetto
manipolato esteticamente che si vuole elevare allo status artistico.
Impadronendosi dell’immagine, Massimo
Mion esprime con soggettività la propria forza concettuale e interpretativa, superando
le alterità spazio-temporali. Di fatto a livello semiologico lo scatto o la
serie di scatti si manifestano come un linguaggio dotato di segni e strutture
specifiche, la cui lettura è chiara solo a partire da una particolare fenomenologia
della percezione, ossia dall’origine di un processo che va da una determinata
inclinazione visuale alla conoscenza di qualcosa di puramente soggettivo: dal
sensibile all’intellettuale, da ciò che si vede a ciò che si sente. La
concettualizzazione dell’immagine fotografica si esprime attraverso un’esclusiva
elaborazione, in nome della perfezione estetica e dell’espressione che si muove,
eccezionalmente, nel campo armonico del cromatismo.
Dall’atto istantaneo e fulmineo dello scatto
fotografico l’artista dà vita a una rivelazione estetica, manipolando la
forma del soggetto, secondo criteri spontanei e occasionali. Grazie all’uso
dello stencil Massimo Mion destruttura l’oggetto artistico fotografato, per
ricomporlo successivamente secondo gradazioni e abbinamenti cromatici che
variano di volta in volta, seguendo l’emozione del momento. A ogni stencil
corrisponde un preciso colore e un preciso ordine progressivo di utilizzo: di
conseguenza, la resa dei dettagli dipende strettamente dall’impronta emozionale
risultante dal processo creativo, estemporaneo ma, allo stesso modo, analitico.
Nella serie dei Paintings, per
esempio, la scala cromatica dei grigi richiama il senso dell’attesa e della
rarefazione del tempo. Paesaggi e visioni dilatano la normale percezione
dell’istante, in contrasto con una quotidianità caotica e poco attenta ai
particolari che solo la contemplazione può mettere in evidenza. Ritratti e
paesaggi si qualificano, di conseguenza, come soggetti artistici, in nome di un
piacere contemplativo che procede oltre la missione narrativa della
rappresentazione artistica, ossia verso la resa emotiva, grazie a un processo
analitico e deduttivo. In tal senso l’azione artistica incarna la volontà di
una precisa e puntuale ricerca di una forma d’arte inedita e contemporaneamente
suggestiva all’occhio del fruitore. Se l’obiettivo fotografico permette la
cattura di una perfetta inquadratura, la successiva lavorazione dell’immagine –
dalla riflessione alla progettazione, sino allo sviluppo finale – muove i
cardini della prassi estetica, inserendo un valore aggiunto all’opera, ossia il
desiderio di imprimere su un supporto diverso tutta la vena espressiva e la
vitalità emozionale, che la fotografia da sola non riuscirebbe a manifestare.
La realtà multiforme del mondo
contemporaneo emerge in tutta la sua complessità e pluralità, attraverso la resa
analitica dei dettagli e delle sfumature. Un risultato chiaramente intento a
donare un’esperienza ottica che si offre alla vista, rimandando concettualmente
all’immagine originaria e stimolando il processo di percezione dello spettatore:
di fatto quanto più ci si allontana dal soggetto, tanto più esso appare ricco
di sfumature e trasparenze, nonostante le linee di base risultino essenziali e
uniformi. Una semiotica d’arte che unisce alla totalità della rappresentazione l’autonomia
dell’oggetto rappresentato nella sua forma sostanziale e nella sua
concettualizzazione centrale.
La composizione degli stencil mira
a interagire con il lettore d’arte e a generare l’impatto emotivo corrispondente,
con la volontà di comunicare una soggettiva esperienza visiva del mondo fisico
e di trasmettere intuizioni formali. La forma, lo spazio e la composizione
delle opere di Massimo Mion vivono in virtù del colore, in quanto linguaggio
particolare che esplora le infinite possibilità alternative al realismo ed
evidenzia, a livello psicologico, lo stato emotivo dell’artista e dello
spettatore, riflessi vicendevolmente. Tuttavia, sono i toni e i contrasti
tonali e cromatici a creare lo spazio e a comunicare la sensazione della forma.
I monocromatismi tipici delle opere dell’artista conferiscono all’immagine
elaborata la possibilità di dare visualità alle linee formali, conferendo
concretezza alla struttura e all’enfasi espressiva. In tal senso il punto di
vista artistico viene ribaltato o esaltato in virtù delle diverse situazioni
che si vengono a creare sul supporto scelto dall’artista e delle
stratificazioni emotive e di senso che si vogliono trasmettere. Nei Murales e nelle opere di Street Art emergono con energia il
dissenso e l’ironia, ossia la messa in discussione del senso comune e degli
stereotipi contemporanei: in Big Bad Wolf
il “lupo cattivo” diventa mansueto e amichevole contro ogni apparenza; The Garden mette in scena un panismo
particolare e armonico, combinandosi con l’universo underground e metropolitano
in cui è inserito; To the Canyon cita
magistralmente la scena finale di «Tempi moderni» di Charlie Chaplin come un invito
a guardare oltre l’orizzonte nella speranza delle opportunità future, lontano
dagli atteggiamenti precostituiti dell’attuale modernità.
Ne deriva una poeticità
intrinseca di facile trasparenza, che nasce da un gioco estetico di sottrazione
e montaggio, in cui il concettuale e l’ironico emergono con forza e vitalità. Una
poeticità che si manifesta lungo le linee dell’espressione e dei particolarismi
del mondo contemporaneo, grazie a retoriche sempre attuali. Sebbene tali opere
seguano i principi di discontinuità, indeterminatezza e differenza, propri dell’Arte
contemporanea, l’artista è capace di ricreare sul supporto l’immanenza moderna
in modo critico e auto-consapevole, attraverso l’esaltazione dei significanti e
dei giochi visivi. Si tratta di una poeticità che, se da una parte esalta il
carattere espressivo ed emozionale, dall’altra mette in relazione le istanze
della dialettica visiva con la retorica dell’ironia, la sola in grado di
allargare i confini del possibile e superare le aporie dell’attualità.
In tal senso S. Francesco e Twitter, Police vs ghost, Venezia porta ombrelli, Shopping,
Pizza, Peace e L'ira della Montessori
ovvero se potessi riavere mille lire al mese danno una chiara e lucida
rappresentazione del nostro presente storico, invitando il pubblico a
riflettere sull’atmosfera di crisi etica ed economica che ci circonda. La
ritrattazione del senso che le immagini evocano attraverso l’ironia, incarnano
la volontà di porre in evidenza l’attualità e di inserirsi pienamente nel campo
artistico contemporaneo, attraverso un’attività prettamente concettuale di
largo e deciso respiro.
All’idea di arte e di mondo si
unisce, pertanto, la valenza espressiva mediatica e comunicativa di tali opere,
tesa a mettere in luce il fatto che il legame fra arte e vita non è ancora
giunto alla propria saturazione e che le pulsioni artistiche possono ancora
essere in grado di dare voce e colore a un mondo cieco e a una cultura avvolta
nel proprio silenzio – esattamente come la serie degli Stickers tenta di mettere in evidenza, progettando un teatro
municipale di forte impatto comunicativo. Al progredire della Storia l’artista
è pronto a dare la propria interpretazione, nella necessaria volontà di far
sentire la propria voce e il proprio pensiero, in un’epoca in cui l’aspetto
culturale è sublimato e all’artista non resta altro che esprimersi direttamente
nell’ambito sociale, passando dalla dimensione privata a quella pubblica,
colpendo il senso comune là dove l’artista ha la certezza di essere notato,
ossia nei luoghi e negli ambienti tipici della quotidianità metropolitana.
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